Nurcara
Il passaggio dell’uomo ha lasciato nei secoli importanti testimonianze nell’area SIC. Il retroterra collinare ricco di acque ha favorito l’insediamento umano, per la fertilità del suolo e l’abbondanza di risorse naturali. Sulle terre dell’alta valle del Temo, il nucleo originario della contrada del Nurcara, si sono avvicendati nei secoli sacerdoti neolitici, costruttori di nuraghi, artigiani cartaginesi e castellani medioevali: e fra queste pendici boscose, digradanti verso il lago Temo, si snoda un suggestivo itinerario nel passato. Lasciamo il centro di Villanova Monteleone, percorrendo la SS 292 in direzione Romana: subito dopo l’uscita dal paese si apre alla vista un panorama inconfondibile, dominato dalla massiccia sagoma di monte Minerva. Si discende lungo versanti alberati alternati a pascoli, testimoni del lavoro secolare di contadini e pastori: dopo 5 chilometri, notiamo sulla destra le domus de janas di S’ Eneittu, scavate nel fianco di un bianco costone roccioso affacciato sulla strada. 500 metri più avanti svoltiamo a sinistra, seguendo per 800 metri la strada vicinale e parcheggiando presso un cancello sulla destra: ci troviamo ai piedi del colle sul quale svetta il nuraghe Marghine Cherchi, ben visibile dalla strada. Seguendo il tracciato che sale sulla collina, immerso nella macchia mediterranea, arriviamo ad un piccolo slargo prima che la strada ricominci a scendere: da qui procediamo lungo il muro a secco verso la cima. La torre svetta per circa cinque metri, immersa in un ameno contesto ambientale fra sughere ed olivastri, ideale per una sosta.
Ritornati sulla statale, proseguiamo ritornando indietro nel tempo: al km 30 ecco infatti la necropoli neolitica di Pottu Codinu, la più antica testimonianza dell’uomo nella zona. Il complesso ipogeico è situato all’interno di un area archeologica ben tenuta ed attrezzata, custodita e corredata di pannelli informativi. La necropoli era sicuramente collegata ad un villaggio nelle vicinanze, del quale tuttavia ancora non è stata ritrovata traccia. Il sito ha conosciuto una lunga frequentazione, evidente dagli interventi di trasformazione effettuati in antichità, con ampliamenti di sepolture e aperture di nuove camere, alcune delle quali, sicuramente destinate ad ospitare le sepolture di personaggi di rango, presentano finiture piuttosto elaborate sotto il profilo simbolico: le pareti della tomba VIII, che ha restituito una statuetta della Dea Madre di pregevole fattura, sono infatti decorate da motivi che si richiamano alle tradizioni magico-religiose ancestrali.
Lasciamo l’area archeologica, seguendo a piedi il sentiero che la costeggia a nord: varcato un cancello in legno sulla sinistra e attraversato il terreno fino al muro dirimpetto, superiamo una apertura dirigendoci verso la cima del colle: sulle rocce affioranti notiamo incise numerose coppelle.Sul versante orientale, fra peri selvatici e sugheri, si trovano due dolmen. Nei pressi, una fonte presente da tempo immemorabile offre la sua acqua. Fra le rocce in alto compare un piccolo menhir e, vicino a questo, i massi ciclopici e le imponenti strutture del nuraghe Monte sa Rughe, affacciato su uno scosceso dirupo ammantato di boschi. L’intera area si offre all’esplorazione ed alla scoperta: gli allineamenti di pietre fanno supporre antiche strutture; sparsi sul terreno ritroviamo frammenti di ceramica e pietre lavorate che ad un occhio esperto rivelano la loro appartenenza alle epoche più diverse, dalle selci neolitiche e nuragiche ai frammenti di vasellame cartaginese e romano, ai cocci medioevali; e ancora le rocce istoriate da coppelle fra gli alberi, scenario ideale per antichi suggestivi rituali.
E' tempo adesso di scoprire i segni di altre epoche: dalle colline popolate di nuraghi, ci dirigiamo verso il lago Temo, sulle cui sponde si trova la chiesa medioevale di Curos. Per raggiungerla, lasciata l’auto all’ingresso del viadotto sul rio Filigosa, sulla SS 292 a circa 8 chilometri da Villanova, percorriamo il sentiero che costeggia la vallata di fronte all’ingresso del fondo. La chiesa, di cui si conservano parte delle mura, è un notevole esempio di architettura romanica, frutto di un’arte matura e di una committenza desiderosa di mostrare la propria ricchezza. E' stata oggetto di interventi di scavo, restauro e consolidamento che ne hanno agevolato la fruibilità e messo in risalto la raffinata fattura. Fra le vicende del sito, si narra di una vecchia disputa di confine fra i centri limitrofi di Villanova e Monteleone Roccadoria: secondo i termini di un accordo, il possesso del sito spettava al comune i cui abitanti, partendo dal proprio paese all’alba di un dato giorno, sarebbero arrivati per primi alla chiesa. I monteleonesi, notevolmente piùvicini, partirono puntuali all’alba e rimasero sorpresi di trovare già sul posto i villanovesi: accusati di essere partiti in anticipo, questi ultimi imputarono la vittoria al loro superiore vigore fisico.
Attraversiamo ora i viadotti sul lago Temo: presso le sponde settentrionali, nei periodi di secca, dal sito di Tudera affiorano strutture di origine nuragica, rimaneggiate ed ampliate in età cartaginese e poi romana, mentre non lontano recenti scavi hanno riportato alla luce le basi di due chiese medievali. Il sito è raggiungibile da un sentiero che si diparte dalla strada di penetrazione agraria che incontriamo sulla sinistra una volta superato il bivio di Monteleone e imboccata la provinciale per Romana. Tutta l’area, piuttosto estesa, è assai ricca di testimonianze delle varie epoche, custodite dalle acque del lago. Il cospicuo centro medioevale doveva essere di una certa rilevanza: recenti studi porterebbero ad identificarlo con il villaggio medioevale di Suttamonte. Si è ipotizzato tuttavia che potesse trattarsi in realtà del centro di Nurkar, antica capitale della contrada, da cui avrebbe poi avuto origine l’abitato di Monteleone Roccadoria. E qui concludiamo il nostro itinerario: percorriamo i tornanti sovrastati da bianche falesie che salgono Su Monte, per raggiungere il piccolo borgo, dove visitare le rovine del castello che ospitò la giudichessa Eleonora d’Arborea, distrutto dopo un lungo assedio nel 1436. Notevole la bella chiesa di Santo Stefano: edificata nel 1200 come cappella signorile dalla casata dei Doria, signori del posto, fu poi ampliata con la doppia navata dopo che l’imperatore Carlo V, cento anni dopo l’assedio, diede il permesso di ricostruire il paese.